Crisi d’impresa: le novità in vigore dal 15 luglio 2022

Gli adeguati assetti e la nuova formulazione dell’art. 3 CCII

La dottrina, si è accompagnata a una ridefinizione degli obblighi gravanti sugli imprenditori individuali e collettivi in tema di adeguati assetti, tramite una riscrittura dell’art. 3 c.c.i.i. da parte del D. lgs. n. 83 del 17.6.2022.

Che si trattasse di cambiamento dotato di particolare rilievo emergeva con evidenza dall’introduzione, sin dal 2019, del co. 2 dell’art. 2086 c.c. che imponeva a all’imprenditore societario e collettivo (e quindi agli amministratori) di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile (di seguito anche solo adeguato assetto) funzionale alla rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita di continuità aziendale, al fine di attivarsi senza indugio per l’adozione di uno degli strumenti previsti per il superamento della crisi e il recupero dell’equilibrio patrimoniale ed economico.

Obiettivi degli adeguati assetti

Gli obiettivi perseguiti dalle norme sono sostanzialmente due. 

  1. consentire all’amministratore di “prevedere tempestivamente l’emersione della crisi”e dall’altro quello di assumere le “idonee iniziative per superarla o quanto meno affrontarla. I termini chiariscono che gli assetti di cui si deve dotare l’impresa non debbano tanto riconoscere la crisi quando questa si presenta, ma rilevare gli indizi che la precedono e quindi consentire una prognosi che ne anticipi l’emersione. Benché la stessa crisi, secondo la definizione introdotta all’art. 2 co. 1, lett. a) c.c.i.i., già consista nella probabilità di insolvenza ovvero nell’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi. In concreto (e questa è una delle novità di maggior rilevanza della versione dell’art. 3 c.c.i.i.. introdotta dal D. lgs. n. 83/2022) gli assetti di cui si deve dotare l’imprenditore devono consentire di rilevare squilibri di carattere patrimoniale o economico – finanziario in relazione alle caratteristiche dell’impresa (co. 3, lett. a) e di verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale [3] per i successivi 12 mesi, oltre che i segnali specifici delineati al co. 4 (co. 3, lett. b). (questi segnali consistono in specifiche soglie di indebitamento maturate in aree cruciali dell’attività di impresa, ovvero verso:- i dipendenti (co. 4, lett. a), – i fornitori (co. 4, lett. b),  – le banche e gli intermediari finanziari (co. 4, lett. c), – i cosiddetti creditori pubblici qualificati (Inps, Inail, Agenzia Entrate e Riscossioni) come definiti nell’art. 25 novies c.c.i.i.. (co. 4, lett. d). )

Infatti, tanto il ritardo di 30 giorni nel pagamento nelle retribuzioni di oltre la metà dei dipendenti (co. 4 lett. a), quanto quello di 90 giorni nella soddisfazione della maggior parte dei fornitori (co. 4 lett. b) rappresentano segnali di una situazione di difficoltà economico- finanziaria, per quanto forse ancora astrattamente rimediabile.  Basterà anche il superamento di uno solo dei parametri sopradetti. 

Le prospettive di continuità aziendale dei successivi dodici mesi, chiariscono come il superamento delle varie soglie di indebitamento sia solo uno dei possibili segnali, non certo l’unico che gli adeguati assetti devono essere in grado di rilevare.

  1. Il secondo obiettivo perseguito dagli assetti che l’amministratore deve istituire è quello di affrontare la sua emersione e quindi di dotare sin da subito gli organi gestionali e di controllo di tutte le informazioni ed i dati necessari per una reazione tempestiva ed appropriata.

Se, infatti, gli assetti devono consentire di rilevare le informazioni necessarie e il test per verificare le efficaci possibilità di risanamento dell’impresa, non si può che dedurre come dagli stessi debbano ricavarsi tutte le informazioni utili a valutare, non solo se il risanamento è possibile e ragionevole, ma anche il modo attraverso cui si può pensare di raggiungere l’ obiettivo. 

D’altra parte, l’obbligo di assumere tempestivamente le iniziative idonee ad individuare le soluzioni per il superamento degli squilibri economico finanziari (art. 4 co. 2 lett. b) c.c.i.i.) non può avvenire se gli adeguati assetti non saranno stati efficienti ed esaustivi. 

Perciò sebbene in concreto le decisioni sul miglior modo per affrontare la emergente crisi di impresa spettino in via esclusiva agli amministratori, le premesse per il corretto esercizio di tale potere si concretizzano nella preventiva dotazione di adeguati assetti sia normativi sia economico finanziari per la previsione e segnalazione della crisi.

Quali nuovi obblighi in capo all’amministratore?

Con quali strumenti l’amministratore deve gestire un “assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato”?

Gli assetti devono essere definiti in ragione delle dimensioni e della natura della impresa, solo calandosi nella concreta realtà imprenditoriale è possibile valutare ed apprezzare l’adeguatezza degli strumenti da mettere in campo.

Gli amministratori devono quindi dotarsi di strumenti che li tutelino nell’ipotesi, nonostante ogni cautela, di giungere alla liquidazione giudiziale.

L’istituzione di un assetto adeguato rimanda ad una struttura intrinseca all’azienda, all’ adozione di “misure idonee” e quindi di un contributo che di certo potrà essere esterno, sul presupposto di una organizzazione imprenditoriale più semplice e contenuta.

Non si ritiene che, sulla base dell’attuale dettato degli artt. 2086 c.c. e 3 c.c.i.i., gli adeguati assetti possano risolversi in meri test periodici eseguiti da professionisti di fiducia, perché solo conoscendo dall’interno l’impresa e le sue dinamiche commerciali e produttive è possibile apprezzare con sufficiente tempestività i segnali della futura crisi. 

Molto importante, tanto in una prospettiva di migliore funzionamento degli assetti, quanto di verifica di eventuali responsabilità dell’amministratore, sarà l’introduzione di procedure e policy delle attività dell’apparato organizzativo mediante la predisposizione di regole scritte che definiscano funzioni, poteri e modus operandi del personale addetto e deleghe di funzione.

Per prassi, è improbabile che i compiti vengano totalmente espletati all’interno dell’impresa, a meno che questa non abbia notevoli dimensioni e personale altamente qualificato.

Per la quasi totalità, delle imprese, ad una elaborazione interna dei dati dovrà seguire una periodica verifica da parte di un soggetto esperto che sarà più o meno frequente in ragione delle caratteristiche dell’impresa e del suo andamento.

Se dall’attività di monitoraggio emerge un segnale di crisi, l’amministratore dovrà attuare con tempestività le misure per ovviare alla crisi e quindi attivare uno dei numerosi strumenti di regolazione della crisi di impresa previsti dal Codice della Crisi, intraprendendo, se del caso, anche la procedura di composizione negoziata disciplinata dagli artt. 12 e ss. c.c.i.i. 

Anche in questo caso sarà necessario che l’impresa venga affiancata da professionisti esterni ( commercialisti ed avvocati in primis) che, essendo dotati dell’indispensabile bagaglio professionale, orientino l’amministratore nel difficile obiettivo di superare la crisi, pur a prescindere dall’obbligo generalizzato della difesa tecnica sancito dall’art. 9 co. 2 c.c.i.i.

La violazione degli artt. 2086 c.c. e 3 CCII come fonte di responsabilità dell’amministratore

Sia il radicale inadempimento quanto l’inesatto adempimento di tali specifiche obbligazioni costituiscano potenziali fonti di responsabilità per gli amministratori. Può essere ipotizzato che, nel futuro, su tale area si focalizzeranno le azioni di responsabilità che il curatore potrà attivare.

Di fronte ad un inadempimento o inesatto adempimento da parte del curatore, sarà onere dell’amministratore provare di avere adempiuto in modo soddisfacente ai doveri introdotti dalla norma in parola. In tale circostanza è consigliato aver intrapreso le iniziative (documentate) finalizzate a superare la crisi di impresa, sempre che vi siano state.

In questo caso, infatti, le misure adottate dall’amministratore potranno essere documentate, posto che qualsiasi iniziativa dall’accesso alla composizione negoziata, alla domanda di concordato o alle trattative per uno qualsiasi degli strumenti di regolazione della crisi di impresa, avranno lasciato tracce scritte che serviranno a dimostrare l’adempimento dell’amministratore. Questo onere lo impegnerà su due fronti distinti, ma strettamente collegati

Il primo è quello di provare che gli assetti erano stati istituiti ed il secondo che essi erano adeguati, ovvero idonei e funzionali a rilevare le potenziali crisi future.

È perciò evidente che solo qualora gli adeguati assetti siano stati predisposti per iscritto (e quindi siano state individuate le figure aziendali destinate ad occuparsene, i loro poteri e doveri e le procedure da seguire per appurare il pericolo di crisi, etc.) l’amministratore sarà in grado di fornire prove idonee ad esimerlo da responsabilità.

Pure l’attività di monitoraggio dell’andamento dell’impresa attuato dagli assetti organizzativi dovrà provarsi per iscritto o comunque in un modo che possa essere a posteriori agevolmente documentato.

D’ora in avanti una liquidazione giudiziale dichiarata senza che vi sia stato il tentativo di intraprendere alcuno dei numerosi strumenti di regolazione della crisi di impresa costituirà in molti casi un indizio abbastanza evidente di inadempimento dell’amministratore.